Wto/Bali: un modesto compromesso. Manteniamo un atteggiamento critico e vigile

L’Osservatorio italiano sul commercio internazionale pubblica una prima analisi dell’accordo Wto di Bali

Documento Tradegame

indiaQuello raggiunto nella prima mattina a Bali dai 159 governi del WTO non è un “accordo storico”, come propagandato da molti Governi, ma un compromesso che risponde, solo parzialmente, ad alcune delle richieste dei Paesi meno sviluppati, per sbloccare lo stallo del Round di sviluppo di Doha che avrebbe dovuto legare le politiche commerciali a scelte di ridistribuzione.

La principale richiesta dei Paesi in via di sviluppo di correggere il capitolo sull’agricoltura per consentire programmi pubblici di sicurezza alimentare, ha visto l’opposizione dei Paesi industrializzati ad una soluzione permanente, promessa entro i prossimi 4 anni, legandovi un’autorizzazione temporanea ai Programmi già in atto. Una soluzione valutata positivamente dall’India, ma non certo sufficiente per molti altri Paesi. Continue reading

Lo strano ruolo del Parlamento Europeo a Bali

di Monica Di Sisto/Fairwatch

BarrosoUna delegazione di parlamentari europei ha partecipato alla ministeriale della Wto di Bali nell’ambito della quale, come di tradizione, si è tenuto un forum parallelo aperto ai rappresentanti eletti dei Paesi membri e dell’Unione Europea. In questo quadro, nella Conferenza stampa che si è tenuta alla fine dell’evento, da un lato i Parlamentari hanno partecipato allo stesso blame game contro l’India, alimentato dalla Commissione europea, senza premere la Commissione perché si assumesse alcuna responsabilità sulla rigidità con cui sono stati affrontati il sensibile tema delle flessibilità in agricoltura e quello del peso economico delle misure di Facilitazione del commercio sui Paesi più poveri.

La posizione più incomprensibile, però, si è manifestata in un’intervista concessa dal presidente della Commissione parlamentare INTA Vital Moreira al magazine americano Inside U.S. Trade. Continue reading

Wto: Bali, ultima spiaggia dopo troppi anni di crisi

di Monica Di Sisto/Fairwatch

Schermata 12-2456630 alle 05.56.42Con la nona Conferenza ministeriale che si celebra a Bali, in Indonesia, da oggi 3 fino al 6 dicembre, l’Organizzazione mondiale del Commercio (Wto) non si gioca sulla spiaggia del paradiso tropicale soltanto la sua reputazione come assise multilaterale per il governo globale del commercio. E’ in discussione, in realtà, la sua stessa rilevanza. Non è un segreto che, ad esempio, gli Stati Uniti vorrebbero limitarne l’attività  al solo Meccanismo di risoluzione delle controversie commerciali e poco più. L’ampio negoziato di liberalizzazione di agricoltura, servizi, investimenti e molto altro, rilanciato a Doha nel 2001 dopo il fallimento del vertice di Seattle del 1999, e dato per congelato a Ginevra con la Ministeriale del 2011, vede giorno dopo giorno ridursi il proprio spazio di azione a causa del moltiplicarsi delle trattative dirette tra Paesi al di fuori della Wto. Anche l’Europa, sul modello degli Stati Uniti, negli ultimi anni ha aperto decine di trattative faccia a faccia extra Wto: con le ex colonie di Africa, Caraibi e Pacifico (EPAs), ad esempio, poi con i partner del Mediterraneo (DCFTAs), con la Korea, Perù e Colombia (FTAs). Si appresta, infine, a consolidare una “Nato del commercio”, creando un’area di libero scambio con gli stessi Stati Uniti (TIPP o TAFTA), legando a doppio filo le due più grandi potenze esportatrici globali per combattere la crisi allargando il mercato interno e le sinergie tra le filiere.

Tra i Paesi in via di sviluppo, dal canto loro, sono emerse negli ultimi anni alcune potenze esportatrici come Cina, India e Brasile forti al punto che quest’ultimo ha vinto la corsa alla successione dell’ex direttore generale della Wto, il francese ex Commissario UE Pascal Lamy, con il proprio ex ambasciatore a Ginevra Roberto Azevedo. Ma il rallentamento subito dal commercio internazionale a causa della crisi della domanda delle imprese e dei consumatori di Stati Uniti ed Europa, e la crescita lenta della domanda interna, crea sconforto nei Pvs e sfiducia nel fatto che il commercio internazionale possa rimanere a lungo il volano della globalizzazione e che, di conseguenza, la Wto ne rimanga l’istituzione-chiave. Senza contare che i Paesi più poveri (LDCs) vedono da anni ripetersi in ambito Wto promesse – come il taglio dei sussidi Usa e Ue alle proprie esportazioni, un accesso senza dazi né limiti di quota ai mercati dei Paesi avanzati, misure specifiche per i Paesi dipendenti dalla produzione del cotone, aiuti al commercio, formazione e così via – che non sono state mantenute e incrinano la credibilità della Wto.

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Considerazioni sul Tavolo di Confronto con il Governo italiano

di Leopoldo Tartaglia/CGIL

WTO Public Forum 2010

WTO Public Forum 2010 (Photo credit: World Trade Organization)

Su convocazione del MISE, si è svolta il 22 novembre scorso una breve riunione del “Coordinamento sul negoziato multilaterale di Doha (DDA)”

Il Coordinamento è un tavolo istituito dall’allora Ministro Fassino in vista della ministeriale di Seattle del 1999 e dovrebbe consentire l’informazione e la consultazione, da parte del governo, delle parti sociali e della società civile sull’andamento del negoziato commerciale multilaterale.

Le vicende dei governi italiani e lo stallo negoziale del Round di Doha hanno fatto sì che il tavolo non si riunisse da lungo tempo, accentuando la dissimetria informativa e di partecipazione tra le organizzazioni imprenditoriali – spesso convocate dal governo e informate puntualmente sugli andamenti dei negoziati – e i sindacati e le organizzazioni della società civile, che non trovano altre occasioni per poter far sentire la propria voce su questi temi.

L’argomento è stato sollevato, in apertura di riunione, dalla CGIL e dall’Osservatorio sul commercio internazionale TRADE GAME (CGIL, Arci-Arcs, FairWatch, Legambiente), che hanno chiesto una maggiore frequenza di convocazione del tavolo multilaterale e l’apertura di analoghi tavoli sui negoziati bilaterali e plurilaterali, in particolare sul TTIP tra Ue e Usa, giunto al suo secondo incontro negoziale (il prossimo si terrà nella terza settimana di dicembre).
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Trade Game presenta la sua lettura sulla Ministeriale della Wto a Bali

Some people do not see international trade fav...

Some people do not see international trade favourably: here a child protests against the WTO in Jakarta. (Photo credit: Wikipedia)

In occasione della convocazione, da parte del Ministero dello Sviluppo economico, della una Riunione di coordinamento sul negoziato multilaterale dell’Agenda di Doha (DDA), richiesta qualche mese fa con una lettera pubblica, l’Osservatorio italiano sul commercio internazionale Trade Game presenta una nota con la sua lettura e le sue priorità verso la prossima Ministeriale della Wto che si terrà a Bali, in Indonesia, dal 3 al 6 dicembre prossimi. “Soprattutto a fronte del proliferare di negoziati commerciali scarsamente trasparenti in sede plurilaterale e bilaterale – spiegano CGIL, ARCS/ARCI, Fairwatch e Legambiente – , sentiamo l’esigenza di uno spazio stabile di dialogo trasparente e continuo sui mandati e i risultati negoziali, per costruire una prospettiva di impatti e implicazioni nel merito più ampia e inclusiva. In particolare, riterremo quantomai opportune informazione e consultazione di tutti i soggetti della società civile in merito al negoziato TTIP tra UE e USA”.

Tra i punti più importanti sui quali Trade Game pone l’accento, tre sono le necessarie modifiche di paradigma che vengono proposte nel documento:

“Crediamo in una cittadinanza globale in cui le economie sono diversificate e integrano tutti i settori garantendo in primo luogo le esigenze locali delle persone e la salute dell’ecosistema. L’idea che ciascun Paese debba specializzarsi in ciò che può fare meglio in base al proprio “vantaggio comparato” crea solo economie atrofizzate”.

“Per uscire dalla crisi insieme chiediamo a chi negozia per nostro conto di rinunciare all’approccio ideologico sulle virtù salvifiche del libero commercio e del libero mercato, per guadagnare una giustizia economica i cui pilastri siano la piena occupazione, la ridistribuzione della ricchezza e il recupero del controllo democratico sui settori vitali della nostra economia, al fine di servire meglio le persone, promuovere i loro diritti e preservare l’ecosistema”.

“Ci sono alternative sostenibili al libero scambio e alla dipendenza dai mercati internazionali. Chiediamo che venga garantito a tutti lo spazio politico necessario a praticarle, a Nord e a Sud”.

In allegato il testo completo TG Mise1113doc

Global Unions: le priorità verso la Ministeriale di Bali

WTO Public Forum 2010

WTO Public Forum 2010 (Photo credit: World Trade Organization)

Sulla scia dell’attuale crisi economica, provocata in gran parte dalle stesse forze di deregolamentazione che promuovono la liberalizzazione del commercio, secondo le Global Unions, “la comunità internazionale ha ora una possibilità reale di ripensare le regole e gli accordi commerciali esistenti”.
In preparazione della Ministeriale della Wto a Bali I sindacati internazionali, in un documento di posizione appena pubblicato, spiegano che “gli accordi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio hanno avuto un impatto negativo sugli agricoltori e i lavoratori e hanno ridotto lo spazio politico e normativo necessario alla promozione attiva sia di posti di lavoro dignitosi che di servizi pubblici di qualità”.

Tuttavia, un nuovo sistema commerciale multilaterale “può contribuire alla ripresa economica e alla risoluzione di altre crisi, benché tali contributi non siano né di per sé intrinseci né automatici. Solo regole commerciali equilibrate e inclusive possono contribuire a ridurre le disuguaglianze dei redditi, a rallentare i cambiamenti climatici e ad eliminare la povertà”.

Qui di seguito tutto il documento Global Unions-Bali